Relazione del Segretario Generale Fortunato Mannino. XVIII Congresso Provinciale
Care delegate, cari delegati, gentili ospiti,
a dieci anni dall’inizio della crisi, mentre si discute ancora sulle cause che l’hanno determinata e su come uscirne, una sola cosa appare chiara: ci si è dimenticato di alcuni fattori che più di altri l’hanno generata: la sproporzionata distribuzione del reddito e l’aumento delle diseguaglianze a danno delle classi sociali più deboli.
La caduta della domanda e la mancata crescita non sono state compensate con aumenti salariali, riforme fiscali e rafforzamento del welfare ma si è lasciato spazio alla finanza di intervenire indiscriminatamente.
Il grande dissesto della finanza privata è stato trasferito sui bilanci pubblici.
La BCE, pur in ritardo rispetto agli USA, è intervenuta ristabilendo il ruolo della politica monetaria, allineando gli Spread dei Titoli di Stato dell’Eurozona.
Questo però non è sufficiente con politiche fiscali restrittive.
Per noi c’è necessità di riforme strutturali che inaugurino un modello di sviluppo responsabile e sostenibile, sia ambientalmente che socialmente.
Da sempre per noi crescita ed inclusione sociale sono obiettivi inseparabili per uno sviluppo socio-economico equo e solidale.
Gli Stati Uniti sono usciti dalla crisi applicando tre strumenti in modo tempestivo:
- Acquistando titoli tossici
- Attivando politiche monetarie espansive
- Nuovi impulsi agli investimenti pubblici
Hanno accettato il rischio di aumentare il rapporto deficit/PIL ma una crescita senza indecisioni li ha subito rassicurati.
L’Unione Europea invece non ha fatto nulla di tutto ciò e ha rivelato tutta la fragilità del progetto europeo attuando solo una politica di austerità fiscale che ha aggravato la crisi del 2008 e generato una seconda crisi – 2011 – esclusivamente continentale.
I paesi del Sud Europa, non avendo più a disposizione la svalutazione monetaria, si sono trovati ad affrontare un processo di deflazione salariale, di caduta dell’occupazione, dei consumi, della domanda e della crescita.
Senza crescita i vincoli di bilancio pubblico sono diventati sempre più stretti riducendo le risorse per lo sviluppo; l’austerità, ricetta sbagliata al problema, ha ulteriormente depresso i consumi producendo un circolo vizioso.
Tale situazione ha aggravato le condizioni del nostro Paese, già provato da forti ritardi strutturali, stretto tra assenza di crescita e alto debito pubblico.
LA PRODUTTIVITA’
Per una crescita di lungo periodo fondamentale è l’aumento della produttività che nasce dalle INNOVAZIONI; solo con la crescita della produttività migliora il benessere e il tenore di vita.
Quello che purtroppo si registra è un calo a livello mondiale del trend di crescita della produttività, sia nei paesi con un’economia avanzata, sia nei paesi emergenti. Anche negli USA, dove la ripresa è solida, la produttività aumenta meno che in passato.
La produttività deriva dalle innovazioni tecnologiche, organizzative e professionali. Non possiamo escludere che gli sviluppi tecnologici riescano ad esprimere ritmi di produttività superiori a quelli già vissuti negli ultimi decenni. Lo Stato, quindi, può farsi promotore della ricerca, dell’innovazione e del progresso tecnico.
Keynes ci ricorda l’importanza degli investimenti pubblici sia come moltiplicatore della domanda e della occupazione ma anche come diffusori di produttività privata.
Purtroppo nelle economie avanzate il rapporto investimenti pubblici/Pil è sceso.
In Italia la bassa produttività è figlia di ulteriori nodi lungi dall’essere sciolti: costo elevato dell’energia, giustizia lenta, divario nord – sud, corruzione, burocrazia eccessiva, cuneo fiscale sul lavoro, disuguaglianze sociali. Il nostro obiettivo è quello di aiutare a districare questi nodi, perché tutto ciò allontana la volontà di investire in Italia.
LA CISL E IL CAMBIAMENTO
La crisi attuale è così profonda che sembra far parte integrante del mondo attuale e futuro; capire la crisi vuol dire comprendere gli scenari che si stanno delineando.
L’azione sindacale non può non tenere conto del cambiamento degli scenari: solo così può rendere efficaci le proprie strategie e raggiungere gli obiettivi dove si esprime e concretizza la rappresentanza del lavoro.
Il sindacato deve essere osservatore attento e protagonista di un cammino arduo ma che non deve lasciar spazio ad arretramenti o scorciatoie.
Le incertezze e le turbolenze di questi tempi riescono a condizionare i gradi di libertà di ogni organizzazione e possono indurre ad un certo adattamento.
Noi della CISL, contro queste tendenze, vogliamo far valere la DISCONTINUITA’ che fin dalla nostra fondazione ci hanno contraddistinto e continuare ad affermare con veemenza le ragioni della nostra libertà ed autonomia.
La forza del nostro sindacato è stata, è e sarà l’avere sempre come riferimento la giustizia sociale intesa come valore morale; mettere sempre al centro dei suoi pensieri le persone, non considerandole solo produttori, consumatori o risparmiatori.
Oggi più che mai, in un mondo globalizzato, dove coesistono le differenze fra le ricchezze esasperate e le povertà intollerabili, i lavoratori e i pensionati hanno la necessità di riconoscersi in istanze comunitarie per rinnovare tutto ciò che si è disperso in aggregazioni prive di identità e senza responsabilità. Ai giovani, ai lavoratori e ai pensionati la CISL indica, come già fatto dai padri fondatori, la via dell’associazione, l’adesione libera e spontanea all’Organizzazione Sindacale perché si condividono la concezione della società e quei valori che pongono al centro le esigenze della persona, materiali, umane ed intellettuali, senza il filtro di ideologie e autonomamente dalle rappresentanze politiche (a cui va riconosciuto un ruolo decisivo per il buon funzionamento della democrazia e del mercato).
Viviamo in un mondo asimmetrico: si vorrebbe risolvere problemi di natura globale (finanza, economia, ambiente, diseguaglianze, migrazioni, ecc.) con strumenti di respiro nazionale. Ciò crea caos, conflitti sociali, instabilità, guerre.
Riteniamo, e lo evidenzia all’art. 2 del nostro Statuto, che l’unione economica e politica globale sono l’unica strada percorribile per costruire un mondo di pace.
Gli errori di gestione commessi dall’Europa negli ultimi anni la fanno apparire, agli occhi di milioni di suoi cittadini, come un’istituzione incapace di leggere e soddisfare i bisogni delle persone che la compongono; ciò ha provocato la diffusione di partiti nazional populisti, un rinchiudersi all’interno dei propri confini di Stato nazionale e ad esiti difficili da immaginare, fino a qualche anno fa, come la Brexit.
Noi della CISL, come unica Organizzazione sociale europeista fin dalla nascita, non ci rassegniamo ma prendiamo atto che è impossibile ora accelerare per un’Unione economica e politica a 27, proprio per la volontà di alcuni Paesi dell’Est Europa a non considerare le norme dei Trattati di riferimento ma ad erigere muri e innalzare fili spinati.
Per salvare il “progetto europeo”, si è convinti che un gruppo di Paesi dell’Eurozona debbano accelerare verso gli Stati Uniti d’Europa, gli altri restare solo nel Mercato unico; inoltre vanno prese tempestivamente una serie di importanti decisioni politiche:
- Sospensione del Fiscal compact
- Gestione comunitaria del debito
- Istituzione Ministro dell’economia europeo
- Politica migratoria attraverso le quote obbligatorie
- Fondo europeo di assicurazione contro la disoccupazione
- Fondo europeo di sostegno alla occupazione giovanile
- Politica di sicurezza europea
- Realizzazione del binomio crescita ed inclusione
C’è bisogno di un sindacato europeo meno germano centrico e di un sindacato mondiale più efficace a far estendere i diritti fondamentali del lavoro in tutto il mondo e a dare maggiore forza agli organismi di rappresentanza sindacale nelle aziende globali e multinazionali.
CONTRATTAZIONE E PARTECIPAZIONE
L’azione primaria del sindacato nella tutela dei lavoratori è la contrattazione collettiva che, anche se in questi anni è stata messa a dura prova, ha retto l’impatto con la crisi proteggendo e valorizzando il fattore lavoro (crisi occupazionali, ammortizzatori sociali, salvataggio imprese a rischio, ecc.)
La trasformazione che oggi investe il mondo del lavoro è destinata a influenzare anche la contrattazione che deve tener conto di un contemporaneo aumento dei posti di lavoro poco qualificati e di quelli dalle elevate competenze.
Nel pubblico il ruolo della contrattazione collettiva va rilanciato come fattore che favorisce i processi riorganizzativi e di qualificazione della spesa e dei servizi.
Se necessario, possono essere rimessi in discussione i risultati ottenuti dalla contrattazione passata. Il Sindacato italiano ha capito l’importanza di un ridisegno del modello contrattuale; ha attivato più tavoli di confronto che hanno riconosciuto la varietà del mondo delle imprese, dei settori e delle rappresentanze, dove sono state prodotte intese capaci di stimolare la contrattazione di 2° livello (impostazione che si auspica venga confermata anche nel settore pubblico perché importante per la programmazione e verifica delle efficienze organizzative e dell’eliminazione delle sacche di improduttività).
Con urgenza va curata la proliferazione delle rappresentanze e delle soluzioni contrattuali: malattia delle moderne relazioni industriali. Percorso inverso nel pubblico, dove nel 2016 è stato siglato l’accordo, che ha ridotto i contratti a quattro comparti: un notevole sforzo di omogeneizzazione che non deve però svilire il ruolo dei contratti collettivi né sul fronte della professionalità, né sul fronte delle differenze organizzative.
I tempi di attesa per il rinnovo di un CCNL sono aumentati vertiginosamente, come altrettanto velocemente si è estesa la platea di lavoratori che aspettano: dati critici aggravati soprattutto dal settore pubblico. È anche vero che nessuna generazione di sindacalisti si è trovata a contrattare con un’inflazione tendente a zero e con una produttività stagnante.
Vista la situazione, siamo convinti della necessità di un modello contrattuale basato su due livelli coerenti e non sovrapposti tra loro, pur sapendo che il contratto nazionale costituisce ancora oggi un utile e insostituibile collante nella regolazione dei settori. Il decentramento e la prossimità sono le due variabili fondamentali per realizzare una contrattazione utile sia per i lavoratori che per le aziende ( e la prossimità spesso significa contrattazione territoriale).
Oggi, inoltre, sia i CCNL che i contratti di 2° livello sono chiamati a rispondere alla aumentata richiesta di flessibilità da parte di tutti gli attori (aziende e lavoratori) ma questo non vuol dire meno regolamentazione ma soluzioni diversificate e più inclusive.
Salario di produttività, welfare contrattuale, politiche attive, formazione continua, flessibilità in entrata e uscita, sono temi sui quali la Cisl chiede alle proprie categorie di investire con proposte concrete.
La contrattazione è l’occasione di modernizzazione del lavoro, soprattutto nella pubblica amministrazione dove si deve elaborare un modello che valorizzi la collaborazione funzionale partecipativa dei dipendenti con l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi.
I sindacalisti dovranno essere dotati di competenze che permetteranno loro di contrattare un premio di produttività, regolare welfare integrativi e saper ricollocare attivamente lavoratori in esubero: solo così potranno padroneggiare in un negoziato. Indispensabile, quindi, la formazione e qualificazione di operatori e delegati contrattualisti: sarà un investimento che potrà fare la differenza in futuro.
Certamente vanno aumentati gli strumenti che i delegati aziendali devono avere a disposizione: le sole ore di permesso sindacale non sono più sufficienti. Come accade già in altri Paesi europei si può ottenere una formazione congiunta degli attori del negoziato, perché no finanziata dai fondi interprofessionali.
Fondamentale sarà anche la partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese: su questo chiediamo l’impegno del governo a sostenere appositi processi partecipativi, a partire dalle grandi imprese pubbliche.
Inoltre, pur ritenendo fondamentale il pluralismo sindacale, si è consapevoli che l’unità d’azione del sindacato confederale è il modo più adeguato per le sfide di domani (e si è sperimentato in questi anni che la divisione rende tutto più difficile!).
Il ridimensionamento del ruolo delle rappresentanze degli interessi organizzati è l’incubatore della conflittualità sociale e offusca i rapporti tra politica, economia e società.
Anche l’Europa, presa dalle proprie inefficienze politiche ed economiche, non riesce più ad avvalersi del dialogo sociale. La governabilità delle democrazie occidentali si regge sull’interazione tra politica, economia e società, e il sindacato può far valere un patrimonio di conquiste e una dote di fiducia costruita con fatica nel tempo.
Abbiamo a che fare con una situazione ben diversa da quando la Cisl è stata fondata: il governo faceva programmi di lungo respiro, il sistema economico si avvaleva di questioni geopolitiche che lo sostenevano, solidi erano i pilastri del sistema istituzionale del Paese.
Le forme e le modalità con cui si manifestano e agiscono le associazioni dei lavoratori si diversificano nel tempo e nei luoghi perché cambia il lavoro e variano le motivazioni dei lavoratori ad associarsi, cambia il rapporto tra sindacato e politica, gli assetti e la forza della rappresentanza, le innovazioni tecnologiche e organizzative.
Cambia quindi tutto ciò che consente al sindacato di elaborare un proprio pensiero per non farsi schiacciare da una cultura neoliberista che si fa forte di azioni politiche secondo convenienza.
Per tutelare il lavoro, il sindacato deve tutelare se stesso difendendo lo strumento della sua azione: la contrattazione; inoltre lo deve porre a condizione e limite dell’intervento legislativo per evitarne il declino e l’accerchiamento.
IL LAVORO E L’INNOVAZIONE
Ci troviamo di fronte ad una straordinaria innovazione del lavoro e dei sistemi produttivi; non è solo l’azienda che deve pensare all’innovazione ma è importante anche il ruolo dei lavoratori: persone come protagoniste.
Questo sviluppo chiama in causa il sindacato, che non deve agire a cose fatte ma essere protagonista ex ante nella progettazione e nella gestione dell’innovazione.
Industry 4.0 potenzia questa opportunità.
L’occupazione smart è la modalità di lavoro, al confine tra subordinazione e lavoro autonomo, che meglio si adatta al contesto produttivo dell’Industry 4.0. Il lavoratore smart è colui che grazie alla connessione permessa dai dispositivi mobili, svolge la propria attività come, dove e quando vuole. Il disegno di legge n. 2233 – A del 31/07/2016, attualmente all’esame del Senato, traccia le coordinate di questo fenomeno che anche in Italia molte aziende cominciano a sperimentare.
Anche nel terziario la rivoluzione tecnologica sta prendendo il sopravvento, anche se nei diversi settori che lo compongono (commercio, artigianato e servizi) con modalità differenti:
- Commercio: forte impatto della rivoluzione tecnologica, ne è un esempio Amazon che ha l’obiettivo di sostituire il tradizionale sistema di commercio: il consumatore bypassa il rapporto con il commerciante in carne ed ossa. Inoltre Amazon ha avviato delle sperimentazioni per eliminare la fase dell’ordinativo riuscendo a prevederlo (con algoritmi che sta provando la polizia di Los Angeles per pronosticare i crimini) così da spedire la merce a casa del cliente 24 h prima della sua richiesta (per di più attraverso un drone).
Se è vero che il successo dipenderà da quanto ognuno saprà interagire con le macchine è vero anche che l’innovazione tecnologica avrà vita facile se sarà rispettosa dell’uomo.
- Artigianato: qui il rischio di un sopravvento della tecnologia è inferiore perché il settore è prevalentemente figlio della creatività, virtù umana e inarrivabile dalla macchina. È chiaro che la creatività deve essere messa a riparo dalla cosiddetta “intelligenza artificiale”, figlia della stessa creatività.
- Servizi: il settore deve la sua ripresa alla rivoluzione tecnologica che ha saputo mantenere un ottimo equilibrio tra uomo e tecnologia. La sharing economy (la condivisione di beni), l’analisi delle informazioni depositate in rete, le tendenze dei consumatori (attraverso i social media come Facebook), i social che si occupano del reclutamento (tipo Linkedin) sono tutti fenomeni che hanno contribuito a sollevare il settore. La riduzione dei tempi di lavoro che l’Industry 4.0 ha provocato per il lavoratore smart, ha consentito un aumento del tempo libero e spronato il mercato dei servizi alla persona. La robotizzazione permetterà di incrementare i servizi di assistenza; la stampa in 3D permetterà a chiunque di costruirsi in autonomia ciò di cui necessita.
Nel lavoro pubblico l’innovazione può permettere di migliorare la qualità dei servizi agendo sui contesti organizzativi e procedurali.
In questo quadro di rivoluzione, il sindacato è chiamato ad un ruolo di grande responsabilità.
Molte sono le domande a cui il congresso può trovare delle risposte diverse in base ai diversi punti di vista dei propri militanti:
- Come, attraverso la contrattazione, si riuscirà a passare da un sistema contrattuale ancora fondato sull’organizzazione del lavoro fordista ad un sistema moderno?
- Come rimodulare la legislazione di sostegno di cui al TITOLO III dello Statuto dei Lavoratori?
- L’attività di tutela sindacale va digitalizzata?
- Con quale linguaggio parlare ai lavoratori della rivoluzione tecnologica?
- Come combinare il lavoro umano e quello robotizzato?
- Come ridistribuire il lavoro?
- Come andrà ristrutturata la retribuzione del lavoratore?
WELFARE GENERATIVO
Solidarietà e responsabilità stanno insieme. Essere responsabili genera sempre solidarietà, ma il contrario non vale allo stesso modo. Solidali perché insieme, partecipi e responsabili. La solidarietà autentica porta con se una domanda di socialità, di giustizia, di legalità e di istituzioni.
Il nostro paese ha una situazione demografica particolare:
- Aumento dell’aspettativa di vita media
- Basso tasso di fecondità
- Elevato livello del tasso di dipendenza degli anziani
- Crescita dei fenomeni di non autosufficienza e delle malattie parzialmente invalidanti
Ci sono mutamenti importanti della struttura sociale della popolazione italiana, nei rapporti tra le persone, nelle famiglie e nei diversi gruppi sociali. Si esce dalla famiglia più tardi, si studia di più e si intraprende un percorso lavorativo difficile da stabilizzare ma facile da perdere. I carichi di lavoro familiari gravano ancora sostanzialmente sulle donne che una volta diventate anziane non avranno figli che potranno prendersi cura di loro.
Fondamentale ripensare un modello di welfare che affronti queste sfide, non più esclusivamente basato sull’aiuto reciproco tra generazioni e sul lavoro di cura e non retribuito.
La famiglia tradizionale non è più il modello dominante quindi bisogna aggiornare gli strumenti di intervento a sostegno della natalità e della famiglia con figli; al tempo stesso, però, si devono trovare mezzi che possano aiutare le famiglie non tradizionali.
C’è poi una richiesta sempre più pressante, che va intercettata e rappresentata, di accompagnamento, orientamento e inclusione sociale che proviene dai giovani che lasciano le famiglie di origine o che lasciano scuola e/o università per il mondo del lavoro.
Altro aspetto che bisogna tenere conto è il fenomeno dell’immigrazione che porta trasformazioni sempre più importanti per l’assetto sociale, demografico, culturale ed economico del Paese.
La crisi purtroppo genera sentimenti xenofobi, originati dalla paura della perdita del proprio benessere e dal processo di delocalizzazione produttiva e commerciale, ma è sempre più percepibile il positivo contributo che l’immigrazione regolare apporta alle economie occidentali: crescente bisogno di cura familiare, apporto al tasso di natalità, creazione di nuovi mercati, ecc.
Affrontare la tematica dell’immigrazione in termini di trasformazione, più che di sfida per la coesione sociale, risulta basilare.
A fronte di questi scenari emergono alcune criticità del sistema Italia: la quota di spesa per la famiglia (4.1%), per la disabilità (5.5%), per l’abitazione (0.1 %) e per l’esclusione sociale (0.7%), se messe a confronto con gli altri Paesi UE, è inferiore alla media dell’area Euro. Anche la percentuale di prestazioni sociali erogate è inferiore rispetto agli altri Paesi EU:
- Italia: 24.6%
- Grecia: 27.2%
- Francia: 36.3%
- Germania: 37.7%
La crisi ha aumentato i bisogni ma la spesa socio assistenziale, socio educativa e socio sanitaria è rimasta al palo.
Diventa determinante nella strategia del Sindacato riuscire ad incidere sulle scelte del governo con l’obiettivo di porre la necessità di ripensare, riorganizzare e ricostruire un nuovo modello di welfare orientato all’inclusione sociale.
GIOVANI
La disoccupazione giovanile italiana è tra le più alte e insostenibili d’Europa. Un ragazzo su 5 non raggiunge titoli di studio oltre la licenza media inferiore e chi trova un lavoro spesso è ben diverso rispetto alla istruzione e qualificazione scolastica ottenuta.
Tanti inoltre cercano e trovano lavoro all’estero anche perché il mercato del lavoro italiano li indirizza prevalentemente ai gradini più bassi e precari dello stesso.
Anche la prospettiva previdenziale non è certo migliorata dopo l’introduzione della legge Fornero: per questo riteniamo urgente un intervento che renda certa la rendita dalla previdenza complementare e una pensione almeno dignitosa.
È una situazione complessa che può essere cambiata solo con un paziente lavoro sulle riforme, a cominciare dal rapporto scuola / lavoro.
Anche sui tirocini occorre tornare ad investire, riqualificare uno strumento che oggi è soggetto ad abusi, inflazionato come lavoro a bassissimo costo, trappola per molti giovani che vi sono costretti a sostare per lungo tempo.
Il Jobs Act ha recentemente introdotto l’apprendistato duale, vera novità in Italia, grande strumento di primo e vero ingresso nel mondo del lavoro, arrivato, però, in ritardo.
Per noi l’apprendistato costituisce la medicina più importante per guarire l’economia e il mercato del lavoro italiano.
Anche il progetto europeo “Garanzia Giovani” sviluppatosi grazie ai finanziamenti europei ha costituito un investimento serio contro la disoccupazione giovanile, ma i risultati rapportati alle risorse non sono stati brillanti.
Va data stabilità alla misura e incrementata la rete di soggetti che possano orientare il giovane verso opportunità concrete.
Deve essere inoltre combattuto e superato il luogo comune che il sindacato tutela i garantiti e non ha politiche da proporre per i giovani: devono essere messi al centro della nostra attività, ovviamente migliorando anche il nostro linguaggio, i nostri strumenti e la comunicazione.
WELFARE CONTRATTUALE E MUTUALITA’ INTEGRATIVA
I vari cambiamenti fin qui discussi hanno messo a dura prova la sostenibilità del sistema di protezione sociale (previdenziale, sanitario e socio assistenziale).
Oggi un anziano su 6 vive in condizione di povertà relativa e le donne sono particolarmente soggette al rischio di percepire pensioni basse a causa di un percorso lavorativo incompleto.
La spesa sanitaria pubblica ha subito un forte incremento e i cittadini oggi sostengono di tasca propria parte della stessa. Le famiglie spendono attraverso il badantato circa 10 miliardi di Euro l’anno.
I bisogni sociali sono destinati ad aumentare.
Bisogna investire di più e meglio nel sistema di welfare; superare la frammentazione e la dispersione delle risorse; riuscire ad offrire servizi integrati alle famiglie e alle persone; esigere di implementare, qualificare e consolidare la rete di infrastrutture sociali.
Accanto alla previdenza e alla sanità va potenziato il pilastro sociale inclusivo contrastando la povertà e sostenendo le funzioni di educazione e cura.
In questa logica va valorizzato e sviluppato il welfare contrattuale, evitando il rischio che possa in tutto o in parte sostituire le prestazioni pubbliche, che invece vanno finanziate e rese più efficienti, così come evitando che si trasformi in una sorta di riserva privilegiata per i lavoratori a più alto reddito e più contrattualizzati.
Per raggiungere questi obiettivi andranno sviluppate intese sia con le Istituzioni che con le Associazioni delle imprese.
IL SINDACATO DI FRONTE AI CAMBIAMENTI DEMOGRAFICI E SOCIALI
Per la nostra storia possiamo, più di altri sindacati, proporci come soggetti di rappresentanza che intercetta sia i bisogni di tutela contrattuali o di servizio dei lavoratori, sia come soggetto che si candida a rappresentare il lavoratore in quanto persona.
Bisogna cercare risposte specifiche per ciascuna categoria in base a caratteristiche che valorizzino sempre di più le condizioni personali e non, astrattamente, quelle professionali.
Il territorio diventa il terreno di confronto principale dove fondamentale è riuscire a recuperare il corretto rapporto fra cittadini e istituzioni pubbliche, mirare ad un sistema equo e democratico. Spesso i negoziati con i comuni si aprono e si risolvono dietro la solita affermazione che non ci sono risorse ma non si deve cedere: negli ultimi 5 anni abbiamo siglato oltre 5 mila accordi territoriali. Sicuramente, però, la contrattazione territoriale deve passare da una logica rivendicativa e difensiva ad un ruolo più propositivo per riorganizzare e innovare il welfare territoriale integrato, pubblico contrattuale e integrativo.
In tal senso l’azione sindacale deve seguire diversi assi strategici:
- Costruire e analizzare il contesto attraverso i numeri economici, demografici e sociali che descrivono il territorio (uno strumento utile è l’annuale Rapporto Caaf Cisl)
- Rilanciare una capacità d’intervento che agisca non solo dal lato della rivendicazione dei servizi e della spesa sociale, ma anche da quello delle entrate (riforma della fiscalità locale, del catasto e local tax)
- Ripensare e ridisegnare il welfare (considerando l’inclusione sociale)
- Riposizionare e rilanciare la contrattazione di prossimità
- Consolidare i sistemi di welfare locale
In questi anni, abbiamo attuato profonde innovazioni organizzative per riqualificare la presenza sui territori perché solo lì si può allargare l’area della rappresentanza e riorganizzare nuove tutele.
Se l’obiettivo è quello di creare e sviluppare sistemi in grado di tutelare gli associati in tutte le fasi del loro ciclo di vita, a partire dallo studio, nella transizione dalla scuola al mondo del lavoro e nel passaggio tra lavoro e altro lavoro, i servizi dovranno essere un asse portante delle attività associative.
Bisogna investire nei servizi per il lavoro, soprattutto in quelli destinati ai giovani; si deve favorire la realizzazione di una Carta dei Servizi Cisl per i giovani; attraverso l’associazione “Vivace” dare visibilità e rappresentanza ai liberi professionisti con partita iva (servizi dedicati, start up, ecc.); con l’Anteas valorizzare le opportunità offerte dall’azione solidaristica; realizzare una “Anagrafica unica nazionale” che renda il sistema dei servizi pienamente fruibile, che fornisca una “tracciabilità” di tutte le richieste e risposte fornite agli associati e non, che permetta progetti comuni al Proselitismo e alla continuità associativa.
Ovviamente fondamentale è la formazione e la comunicazione, strumenti complementari ad una azione politica efficace.
La Cisl ha voluto raccogliere anche la sfida della trasparenza pubblicando on line non solo il bilancio economico e patrimoniale ma anche le retribuzioni dei dirigenti.
Diventare un sindacato del terzo millennio vuol dire rendere conto alle persone associate, attraverso i suoi strumenti, su cosa significa essere e fare la Cisl.
IL NOSTRO TERRITORIO
La nostra provincia è ancora alle prese con una disoccupazione allarmante, abbiamo un livello superiore di disoccupati rispetto alla media nazionale; dobbiamo assolutamente agire per invertire questo trend che sembra inarrestabile.
Purtroppo si comincia a parlare di essere fortunati quando si trova un lavoro anche se è precario.
Lo scenario appare ancor più drammatico se si considerano anche coloro che si sono arresi: hanno smesso addirittura di cercare lavoro perché non hanno più neanche la speranza di trovarlo!
Preoccupanti anche i numeri che ci parlano di un notevole ricorso alla Naspi e alla cassa integrazione.
La ripresa, se c’è, è poco misurabile… per ripartire con decisione dobbiamo investire, a cominciare dalla cultura.
L’Università degli Studi della Tuscia è una realtà consolidata che dobbiamo solo sostenere.
Se analizziamo la struttura economica della nostra provincia possiamo renderci conto del peso non trascurabile dell’agricoltura, che anche se non in perfetto stato di salute è ancora consistente;
il comparto agroalimentare conta il 12% della forza lavoro ma dobbiamo incentivare una conduzione non più solo familiare.
Va, in tal senso, sostenuta la creazione di Consorzi che consentano il potenziamento della filiera, la trasformazione in loco dei prodotti e la loro esportazione.
Dobbiamo poi assolutamente rilanciare lo sviluppo della nostra terra soprattutto dal punto di vista turistico.
La Tuscia è un territorio vario: mare, laghi, montagne, colline; offre tesori d’arte di inestimabile valore, siti etrusco – romani ineguagliabili, musei di levatura internazionale; ha borghi medioevali tra i più apprezzati al mondo (non possiamo non citare Civita che attira turisti da ogni angolo del mondo, soprattutto asiatici: si comincia a parlare di inserirla, con merito, fra i patrimoni da difendere dell’Unesco).
Non possiamo poi non parlare delle risorse idrominerali sulfuree del bacino viterbese, note e descritte sin dall’antichità, che ancora oggi non vengono pubblicizzate a dovere, anche se qualcosa di più concreto sembra attivarsi.
Gli Amministratori locali sembrano capire l’importanza che il termalismo può assumere anche dal punto di vista occupazionale e dobbiamo sperare che i loro propositi non si arenino di fronte alla solita incapacità di reperire fondi e concretizzare progetti reali.
La Tuscia può competere alla pari con il meglio che le regioni limitrofe offrono, ma non può più perdere tempo dietro progetti irrealistici (come è stato l’aeroporto): si devono progettare e realizzare opere sostenibili e concretamente utili alla nostra economia.
Va completata la trasversale Orte – Civitavecchia, meno nota della Salerno – Reggio Calabria, ma a cui sembra voler togliere il record di eterna incompiuta.
Si deve terminare la cosiddetta autostrada Azzurra, Rosignano – Civitavecchia, e risolvere, definitivamente, lo scarso collegamento ferroviario che ancora oggi collega con difficoltà Viterbo con Roma.
Molte le proposte che possono far crescere la nostra provincia in tutti i settori: vanno ascoltate, concertate e ovviamente, soprattutto, messe in atto, con serietà, onestà e in tempi rapidi.
La sinergia di tutti per permettere questo è indispensabile.
Le Organizzazioni Sindacali devono confrontarsi e fare sintesi per poter dare il loro contributo ed evitare una deriva che appare inevitabile, auspicata da coloro che vengono etichettati come populisti per proprio vantaggio.
Noi, come abbiamo sempre fatto, metteremo a disposizione l’esperienza e l’affidabilità di chi non è più giovanissimo e la preparazione e la vivacità delle nuove leve.
Tutte le nostre forze saranno orientate con impegno, passione e perseveranza perché gli anni prossimi venturi siano veramente gli anni della ripresa!
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